Tra innovazione e riduzione degli sprechi: parliamo di Debito Organizzativo?

Parte 1: in cui si parla di Debito Organizzativo, di come si accumula, degli effetti sulle attività operative aziendali, di CFO e Direttori Generali, e di come possano esistere “Debiti Buoni”

Andrea De Muri
7 min readOct 23, 2020
Organizational Debt

Nel lessico di chi si occupa di Organizzazione, il termine “debito” non è particolarmente famigliare. Si parla di processi, di persone, di macchinari, ma di debiti no. Quella è roba per chi si occupa di finanza, non per chi si occupa di manufacturing.

Nel mondo del software invece, da qualche tempo si è cominciato a parlare esplicitamente di debiti, per riferirsi a problemi che nascono anche nell’ambito delle operations. Con il termine “Debito Tecnico” i developers indicano i problemi che si sono accumulati nel tempo nei codici di un programma, e che prima o poi richiederanno una soluzione.

Ad unire i vari mondi è uscito qualche tempo fa un articolo, scritto da Steve Blank, una delle stelle polari del mondo del mondo dell’innovazione. Riferendosi ai problemi che affliggono le startup Blank osserva che:

“… le startup [crescendo] accumulano anche un altro tipo di debito — un debito che può uccidere l’azienda ancora più rapidamente [di quello finanziario] — il Debito Organizzativo. Il Debito Organizzativo è l’insieme dei compromessi tra persone e cultura fatti per “farcela”…”

Il concetto che nelle aziende esistano in ogni ambito debiti e passività “nascoste” è d’altro canto qualcosa di risaputo. Spesso vengono indicate come la parte sommersa dell’iceberg, quella che non si può esplorare. L’insieme delle usanze, la cultura, i problemi interpersonali, le procedure reali e non scritte.

Negli ultimi tempi l’articolo di Blank mi è tornato in mente. Forse ho trovato una chiave di lettura per descrivere qualcosa che ho sempre conosciuto, ma senza averne un nome. Ho provato ad estendere il concetto di Debito Organizzativo ad ogni azienda con una storia di crescita alle spalle. Ho cominciato a confrontarmi con i miei contatti nelle aziende.

La mia definizione di Debito Organizzativo è diventata la seguente:

“Il Debito Organizzativo è la somma dei cambiamenti e delle decisioni che non sono state prese al momento dovuto, e delle decisioni prese nel passato che non sono più adeguate ai tempi e alle circostanze.”

Vi racconto cos’altro ho scoperto.

Nella quotidianità è un concetto subdolo

Mi sono trovato recentemente in due situazioni.

Nel primo caso, in un’azienda gestita molto bene, ci siamo fermati a discutere di un modesto investimento in un nuovo software che avrebbe velocizzato le attività da remoto. La risposta è stata un secco “No” perché “Le procedure interne sono categoriche riguardo l’aggiunta di nuovi software”. Questo è il caso in cui, misure di controllo del debito organizzativo rigorose (sicuramente il nuovo software avrebbe aggiunto una complicazione), si traducono in una perdita di una concreta opportunità di migliorarsi.

In un altro caso vissuto in azienda lean il tema si è proposto nel momento in cui ci si è trovati a scegliere su quale, tra una lunga lista di progetti, dovesse avere priorità. Nello specifico si confrontavano nuovi investimenti su progetti di innovazione con progetti di efficientamento. I primi avrebbero richiesto un approccio Agile, in cui privilegiare apprendimento ed empirismo anche a scapito di una rigorosa pianificazione, i secondi un approccio Lean rigoroso, per la mappatura e rimozione degli sprechi. In entrambi i casi la scelta è stata condizionata dall’esistenza di un debito esistente. In mancanza di un vero responsabile in grado di autorizzare lo scostamento dagli standard aziendali ci siamo ritrovati in stallo nel momento della decisione.

Il Debito Organizzativo è tra tutti noi

“A ben vedere il problema del Debito Organizzativo affligge tutte le aziende con cui ho collaborato, di ogni settore e dimensione.”

La pressione per crescere, i tempi ristretti, il “buono abbastanza”. Il Debito Organizzativo cresce per esigenze contingenti, per necessità, per scelte consapevoli o per sviste, ma la conseguenza è la stessa.

Nel tempo il debito si accumula e crea uno stock più o meno visibile. Ad un certo punto l’azienda comincia a rallentare per colpa del debito, certe opportunità non possono essere perseguite per colpa del debito, e le misure correttive sembrano peggiorare invece che risolvere i problemi. Debiti, debiti, debiti. Un ritornello. E la frustrazione delle diverse fazioni sale.

E’ quando si supera una soglia che il contenimento di questi debiti assume rilevanza ed entra nei radar dirigenziali. Si agisce con grandi piani di cambiamento, oppure d’impulso, con interventi di emergenza per aggiustare le magagne maggiori. Ma invece che velocizzare le cose le contromisure sembrano rallentarle, i processi decisionali si fanno più macchinosi, le scelte non vengono prese, le procedure si accumulano.

Ulteriore debito si aggiunge, con gli interessi, al debito esistente. Mentre qualche altra opportunità bussa alla porta e non la si può perseguire per colpa del…debito!

Una materia in cerca di un responsabile

Nelle aziende di una certa dimensione la figura del Direttore Finanziario (CFO) controlla gli equilibri finanziari, gestendo i mismatch tra tutti i flussi di cassa e garantendo le risorse per supportare la crescita. Se ci muoviamo nelle attività operative, una figura analoga non esiste. L’organizzazione dei vari reparti è diretta da figure professionali diverse, ma nessuno sembra avere la visione sulla totalità dei processi. Nemmeno il Direttore Generale.

Questo problema è tornato ad essere di particolare interesse in un periodo di alta volatilità e cambiamento. Le scelte organizzative dei singoli sembrano variare tra posizioni estreme. Da una parte i paladini dell’approccio inefficienze zero (la riduzione degli sprechi del mondo Lean), dall’altro la prospettiva di certi imprenditori, che delle inefficienze non se ne badano (gli innovatori). Nel mezzo uno spazio in cerca di un equilibrio in cui -ad essere penalizzati- sono i risultati.

Riflessioni di un ex-CFO

Se cambiando casacca vestissi momentaneamente i panni del CFO (lo sono stato anche in alcuni momenti della mia carriera), vi spiegherei cosa sono i debiti e gli interessi come segue.

I debiti sono uno stock, una misura accumulata nel corso degli anni e sono elencati nello stato patrimoniale. I debiti in finanza si accumulano per finanziare le attività e gli investimenti. Gli interessi invece sono il costo annuale del debito. Sono una partita corrente rappresentata nel conto economico.

Le due dimensioni, quella dello stock complessivo dei debiti e quello degli interessi hanno un impatto differente sulle capacità di una azienda di prosperare. Lo stock del debito influenza la capacità di fare ulteriori investimenti. La parte corrente degli interessi influenza invece gli utili (va a diminuire l’utile residuo che rimane in cassa).

Sempre nel ruolo di CFO non mancherei di citare Mario Draghi, quando in un recente intervento cha ha avuto grande risalto nei media, ha ricordato l’esistenza di due tipologie di debito: il debito “Buono” e il debito “Cattivo”.

Il primo, il debito Buono, supporta gli investimenti e la crescita futura. E’ un debito Buono perché va a finanziare assets produttivi che consentiranno di produrre ricchezza. E si ripagheranno nel tempo.

Il secondo tipo di debito invece è il debito Cattivo. E’ Cattivo perché è una zavorra, che va a finanziare spese correnti e non produttive. Nel breve dà l’impressione di essere più ricchi, ma a lungo diventa un peso insostenibile.

Una crescita incontrollata del debito riduce la possibilità di prendere a prestito altri soldi = di fare altri debiti. La capacità di finanziarsi diminuisce, occorre risparmiare da altre parti o la crescita soffoca.

“Il Debito è una cosa di per sé negativa? Non in senso assoluto”

Il debito diventa una zavorra solo quando cresce oltre il dovuto e quando non è più in equilibrio con il livello delle attività.

“Gestire un’azienda senza debiti è possibile, ma non è necessariamente la scelta più saggia.”

Quando si parla di operations

Tornando a vestire i panni di chi si occupa di organizzazioni. Ogni decisione presa in azienda genera in un modo o nell’altro dei Debiti Organizzativi, il cui ammontare si accumula nel tempo come uno stock.

Possiamo pensare che lo stock complessivo delle inefficienze e delle scelte sub ottimali del passato siano il debito accumulato nel tempo che riduce la capacità dell’azienda di pensare a nuovi investimenti. “When the sh!t hits the fun…” non c’è molto margine di manovra nemmeno per eliminarlo! Mentre gli interessi su questo debito sono i mille ostacoli che rallentano le attività quotidiane e la capacità di generare utili.

“Anche i Debiti Organizzativi possono essere Buoni o Cattivi.”

Possiamo decidere di tenere basso il Debito Organizzativo con un approccio rigoroso, che reinveste costantemente in attività di miglioramento e che prende cura dall’origine di ogni tipo di inefficienza. Monitorando con attenzione ogni nuova attività.

Ma potrebbe anche avere un senso logico mantenere o incrmentare una quota di questo debito, aumentare alcune inefficienze organizzative locali quando le circostanze e le opportunità lo richiedono. Ne guadagnerebbero la flessibilità e la capacità di reazione. Si diventerebbe più liberi di adattarsi alle circostanze. E poi, non è che le procedure per risolvere i problemi del passato sono la vera causa di molti dei problemi organizzativi che stiamo sperimentando?

In tutti i casi dobbiamo essere consci che in futuro, per ogni debito creato, dobbiamo generare abbastanza utili per ripagarlo. Il mercato potrà permetterci di essere inefficienti, a volte capita. Oppure potrà chiederci di rientrare del debito senza preavviso, senza farci sconti.

Conclusioni

Il debiti esistono anche nelle operations. La somma delle inefficienze create nel passato è uno stock, che riduce la possibilità di fare ulteriori debiti. Chiamiamolo Debito Organizzativo. I problemi del presente sono il conto degli interessi sul debito accumulato. Si può manovrare per tenere sotto controllo il livello assoluto del debito e per ottimizzare il costo degli interessi.

E’ ora di occuparsene in modo attivo anche nelle operations definendo un metodo e dei responsabili per tutte le scelte che lo riguardano.

A questi approfondimenti e su come gestire il Debito Organizzativo ho dedicato un nuovo articolo. Lo potete leggere qui.

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Andrea De Muri

Consultant & Teacher with a strong passion for making things work